Ottobre.
Così strano in questo 2017.
Non mancano i colori, ma dell’autunno non c’è quell’atmosfera di pioggia che inumidisce i corpi, i pensieri, i ricordi disidratati dall’estate.
Ottobre, mese dal tempo rallentato, dagli odori umidi, dalle prime sciarpe lanuginose, dalle case illuminate la sera da morbide luci.
Seppur sembri da sempre percezione tipica solo dei poeti, la scienza ha dato un fondamento comune al perché di queste nostre sensazioni. Non è un’invenzione poetica. L’autunno ha qualcosa di unico, un misto di odore e colore.
I colori e il gene dell’autunno
Per prima cosa, l’autunno è un gene. Sono stati i ricercatori guidati da Yousuke Shimoda dell’Università di Hokkaido a scoprire il gene Stay green (Resta verde) detto SGR, responsabile della degradazione della clorofilla. I ricercatori hanno incubato il gene in provetta insieme alla clorofilla (il pigmento verde indispensabile per la fotosintesi) che si è trasformata presto in feofitina a, ovvero la sostanza che nasce dalla sostituzione di uno ione di magnesio con due di idrogeno, permettendo la tipica colorazione autunnale dei carotenoidi e flavonoidi.
Il gene era già conosciuto agli scienziati, dato che fu uno di quelli che permise a Mendel la formulazione delle leggi sulla genetica, ma non si conosceva per quale enzima o proteina codificasse.
“Ancora conosciamo poco dei meccanismi attraverso cui un enzima estrae uno ione metallico da un composto organico, ma il nostro studio potrebbe condurre alla scoperta di nuovi tipi di reazione” racconta Hisashi Ito, uno degli autori dello studio.
È l’inizio per capire di più sulla vita delle piante e la senescenza fogliare.
Solo uno spunto: la clorofilla e l’emoglobina hanno a livello chimico la stessa struttura, con la differenza che il metallo della prima è magnesio, mentre quello della seconda è ferro. Forse andando avanti con le ricerche scopriremo altre similitudini.
L’odore della pioggia e la memoria
Intuitivamente ogni stagione ha un odore specifico. Se annusiamo l’aria con attenzione percepiamo i cambiamenti stagionali.
E il profumo dell’autunno? È un misto tra “petali caduti, ciuffi di muschio quercino, pollini, resine e funghi essiccati”1, chiamato petricor (o petricore). Tutto ciò che cade, maturando muore, torna alla terra. La pioggia, quella lieve e diffusa tipica di questa stagione, vaporizza con micro-nebulizzazioni ciò che argilla e pietra porosa hanno assorbito, emanando questa sostanza specifica che è appunto odore di pioggia, insieme di argilla seccata e oli contenuti al suo interno, dando vita al petra (pietra) e ichor (icore, cioè linfa).
Il petricor in realtà è solo una parte dell’odore della pioggia. Quest’ultimo infatti probabilmente risiede nell’unione tra sentore di azoto (dal greco òzein, mandare odore), il petricor e infine oli delle resine e delle piante trasportati dall’umidità. Subito dopo, la geosmina inebria l’aria con quell’incredibile mistura di terra, muffa, muschio e umidità che è l’odore di terra, tipico odore che rimane nelle barbabietole.
Dunque non si può sovrapporre il petricor all’odore d’autunno, ma di certo il sentore ottobrino è un balsamo, mistura di umidità, corteccia, terra bagnata, muschio, muffa e residui.
Il tempo meteorologico ha da sempre conseguenze profonde nella nostra psiche.
Il tempo “esteriore” e il tempo “interiore” vivono di ritmi affini e reciprocamente influenti. Così l’autunno per alcuni animali è il momento del letargo, per le piante la preparazione al riposo invernale, così per noi è il tempo per rallentare il proprio ritmo naturale.
La luce che discende piano verso il buio invernale, il ritmo di giornate più corte, meno frenetiche e febbrili rispetto alle estive, il ritorno alla routine, insieme plasmano la percezione della stagione autunnale. Esiste tuttavia un altro elemento che compone il nostro presentimento del cambiamento stagionale, ovvero il percepire che l’autunno è anche il momento di interiorizzazione, di sedimento per esperienze precedenti, dell’iperattività estiva, della preparazione al bilancio finale di capodanno. Così l’autunno diviene il tempo della formazione dei ricordi.
Questa connessione, simboleggiata dalla stagione autunnale, tra tipico profumo d’acqua e momento di interiorizzazione e ricordo non è così casuale.
Infatti odore e memoria vivono vicinissimi in primo luogo a livello anatomico: la memoria e l’olfatto vengono gestiti dalla stessa zona cerebrale detta sistema limbico, insieme di strutture cerebrali e circuiti neuronali presenti nella parte più profonda e antica del telencefalo e correlati alle funzioni fondamentali per la conservazione della specie.
“Il nostro cervello è una propaggine del naso: non c’è dunque da stupirsi che gli odori evochino e attivino ricordi potenti. Sia gli odori sia la memoria vengono elaborati nelle stesse antiche aree dell’encefalo.”2
Scienza e poesia lavorano ancora insieme. La percezione intuitiva dell’odore dell’autunno sta all’odore del petricor come la sensazione di essere di fronte a un momento di introspezione sta allo strettissimo legame che esiste a livello anatomico tra profumo e ricordo.
A che cosa serve il nostro fiuto stagionale?
L’autunno e la pioggia sono chiaramente riconoscibili dal nostro sistema olfattivo.
La Natura è una grande risparmiatrice: ogni struttura biologica residuale ha un ben preciso motivo di esistere tuttora in noi.
Allora la domanda nasce spontanea: ha ancora qualche ruolo proattivo o di rilevanza per la nostra sopravvivenza questo nostro fiuto stagionale?
Per ora sembra che non attivi in noi risposte biologiche immediate.
Sarà realmente un lascito ormai “inutile”? Oppure per la sua importanza (quella dell’olfatto è la famiglia di geni più vasta dell’intero genoma umano) la nostra capacità olfattiva ha un valore ben specifico a livello biologico? Come spesso succede, potrebbe semplicemente essere che non conosciamo ancora per quale motivo tuttora siamo capaci di annusare l’autunno?
Quest’autunno così caldo, senza pioggia, senza sciarpa è uno dei chiari segni del cambiamento climatico tanto paventato. Il petricor non c’è, non si sente la necessità di interiorizzare.
Forse in fondo in fondo, non è ancora autunno.
Fonti:
Nota 1 e 2: “Il taccuino del naturalista: Esplorare la natura coi cinque sensi”. Richard Mabey (Ponte alle Grazie Storie)
ilpost.it
“Che cosa causa l’odore della pioggia?”
“L’apocalisse che ci siamo creati da soli”
nymag.com
“The Uninhabitable Earth”
theodysseyonline.com
“The science behind the smell of fall”
ANSA.it
“Nelle foglie il gene dell’autunno”
focus.it
“Che cosa causa l’odore della pioggia?”
wired.it
“Che cosa causa l’odore della pioggia?”
“Ecco il gene dell’autunno, che fa cambiare colore alle foglie”
eurekalert.org
“The gene of autumn colors”
plantcell.org
“Arabidopsis STAY-GREEN, Mendel’s Green Cotyledon Gene, Encodes Magnesium-Dechelatase”
acsundergrad.wordpress.com
“The Chemistry of Fall’s Foliage”