Natura sensitiva e la radice chiquiebi

Testo di Eleonora Diana

La scoperta

É l’inizio della primavera del 1603, un marzo di belle fioriture in anni di grandiose scoperte, quando Samuel de Champlain si imbarca sulla Bonne – Renommé da Honfleur, in Normandia, come passeggero. Dopo 11 giorni e due mesi, Champlain mette piede in America, con sbarco a Tadoussac, nelle vicinanze dell’attuale Québec.
Samuel de Champlain è partito per fondare un insediamento in Canada, inserendosi nella tratta delle pellicce.

Incontra gli Algonchini, l’insieme di tribù native americane diviso in clan e in tribù, tra cui i più famosi sono i Powhatan, la tribù di Pocahontas e assiste a una loro festa dove le donne nude ballano e gli uomini fanno gare di corsa. Incontra nei suoi 21 viaggi in Nuova Francia gli Irochesi, detti anche il Popolo della Lunga Casa.

Tutto ciò che vede, ciò che prova e scopre, lo scrive in un breve resoconto: “De sauvages”.
Tra le scoperte di Champlain c’è anche una strana radice, che per ora non  ha ancora un nome e sembra sapere di carciofo:
“(…) le terre migliori che io abbia mai visto. Una grande quantità di boschi, ma pochi pini e cipressi; si trova una grande quantità di vigne, pere, noccioli, ciliegi, uva rossa e verde e certe piccole radici della misura di una noce, (…) molto buone arrostite o bollite”.

Che cosa sarà mai questa sconosciuta?

A portarla in Europa, però, è l’avvocato Marc Lescarbot.
Gli indiani la chiamano con il bel nome chiquiebi, Lescarbot vorrebbe chiamarla “Canada”- con ovvi intenti dedicatori – mentre si conquista i più svariati titoli e nomi come “noce di terra” o “carciofo del Canada”, Jerusalem artichoke, …

Non si capisce da dove venga e dove inserirla a livello botanico.
C’è chi lo identifica con un Helianthus, c’è chi la vorrebbe Chrysanthemum.
La radice però si scopre possedere una qualità specifica: si riproduce in un batter d’occhio!
É così che la radice conquista l’Europa: viaggia fino all’Olanda e Germania, la si coltiva nei giardini del cardinale Farnese a Roma.
Non si sa da dove venga, non si sa come chiamarla, ma piace e anche tanto.

Quand’ecco che in Francia appare una delegazione di indigeni dal Brasile: piumati, antropofagi e cannibali, arrivano per esibirsi per il giovane Luigi XIII.
Molto più assennati di quel che ci si aspetti – tanto che Montaigne si chiede se siano realmente loro i barbari o noi in alcune condizioni specifiche come le guerre di religione -, con un nome impronunciable, tupinamba, sono proprio loro che ispirano un nome ai chiquebi canadesi: et voilà! Che topinambour sia (in italiano diventa topinambur)!
E così le radice indiane diventano brasiliane. Un gioco da ragazzi.

Inizia il momento d’oro dell’insolita radice. Arriva persino sulla tavola dei re.
Purtroppo per la nostra americana, dura poco questo splendore.
Già nel XVII secolo gli indigeni diventano selvaggi, con sfumature piuttosto negative. Con essi anche il topinambur passa dalle stelle alle stalle, venendo ormai  relegato solo (siamo alla fine del  XVII secolo ) alla dieta dei poveri.
Diventa il cibo da mangiare quando si è in penitenza, mentre in alcune zone della Normandia viene utilizzato come mangime per i maiali.
Cala il buio intorno al topinambur.

La vittoria sulla patata, il vintage e il biocombustibile

La sua riscoperta avviene con la Seconda Guerra mondiale, insieme alla rutabaga: “gli Stanlio e Ollio dell’occupazione”.
Sopravvive al freddo, alle pessime condizioni dei trasporti, sostituisce la patata nella dieta della popolazione… Che vittoria!
Peccato che alla fine della guerra lo si saluta con un “grazie molte, ma non ti voglio vedere per molto, molto, molto tempo”
E cala ancora il buio sul topinambur.

Sembra tutto perduto e… Invece no!
Adesso ritorna in auge, con tutta la sua aurea vintage. Fa parte della confraternita delle verdure dimenticate.
Forse però il futuro del topinambur, “la radice con l’asso nella manica”, è in tutt’altro settore: come già accadeva nel 1943 in cui era un surrogato della benzina, può essere utilizzata come biocarburante. Il Brasile, la sua patria adottiva, già la impiega così.

P. S. Sapete quale è pianta che cresce dal topinambur? Heliantus tuberosus, ovvero il girasole del Canada.

Fonti:
“La favolosa storia delle verdure” Évelyne Bloch-Dano (add editore, 2017)
marieclaire.com
gallica.bnf.fr

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