Orticolario "Terrae"

Breve sottotitolo

Alla terra. Non quella che gira, maestosa e imponente. L’altra, quella che sporca, si sbriciola, “è bassa”, fa fare fatica. Quella con la t minuscola, relegata nei cassetti del pensiero più remoto. Qui si posa il nostro sguardo. Su madre terra, che nutre e dona vita. Questo il tema di Orticolario 2024. La terra. La grande sconosciuta. Solido spessore tra le dita.  

Dopo esserci immersi nell’acqua, principio guida di Orticolario 2023, ora vogliamo sporcarci le mani e chinare la schiena. Tornare all’essenza di tutto. Perché come ricordano le parole di Carlo Sgorlon, narratore della vita contadina friulana, “La terra è madre. Da essa veniamo e ad essa torneremo. In essa ci seppelliranno quando sarà finita. La terra è il principio e la fine, e tutto il resto non è che favola.”¹ Ed è così. È madre perché permette la vita di piante e animali, umani compresi. Ma è anche figlia perché necessita di nutrimento e cura. Di attenzioni senza misura. E a Orticolario 2024 vogliamo celebrarne l’importanza. Ribadirne la priorità. Ricordare l’urgenza di non darla per scontata, di proteggerla, di trattarla bene.  

La tendenza è di interessarsi a ciò che cresce, sboccia, emerge, e non alla terra in sé stessa. Nuda e cruda. Il raccolto però è buono se il terreno è felice. Rispetto per la terra è rispetto dalla terra. Nel suo Elogio della terra. Un viaggio in giardino, un appassionato insieme di dichiarazioni d’amore al suolo (Nottetempo, 2022), il filosofo sudcoreano contemporaneo Byung-chul Han è esplicito: “La terra non è una creatura morta, senza vita né parola, bensì una creatura viva ed eloquente, un organismo vivente. […] Abbiamo smarrito ogni traccia di timore riverenziale nei confronti della terra. Non la vediamo, non la udiamo più”. È profondamente convinto che la terra sia una creazione divina. La stessa convinzione dimorava negli antichi. Tutte le culture veneravano una divinità materna della terra: per i greci si chiamava Demetra, per i romani Cerere, per gli inca, i quechua e altri popoli andini era Pachamama. Per tutti era madre terra, dea della natura, dei raccolti e delle messi, della fertilità.  

La terra è portatrice sana di semina, attesa, nascita. Ospita le radici, accoglie una miriade di organismi viventi, regola il ciclo naturale dell’acqua, dell’aria, delle sostanze organiche e minerali. Le tracce in essa lasciate sono di grande aiuto per gli studi sul clima e sul paesaggio.  

 

Per Orticolario 2024 ci facciamo ispirare da tutte le sue espressioni per diventare ode e preghiera. Inno alla sua ciclicità, alla sua memoria, alla sua fertilità. Un ritorno all’origine di tutto, al maggese, al luogo segreto in cui avviene la magia potente a noi invisibile. Là dove il seme germoglia e la radice trae nutrimento. Là dove tutto comincia e tutto finisce. Dalla terra fino alla terra. Quella con la t minuscola e il significato maiuscolo.

¹ “L’armata dei fiumi perduti” di Paolo Sgorlon, 1985

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