Testo di Anna Rapisarda Visual Designer
Da qualche parte nel Septentrio…
IV sec. a. C.
Nel suo navigare verso gli oceani del Nord, il geografo greco Pitea scopre e battezza un’isola mai esplorata.
La chiama Tule. Il suo paesaggio è incredibile e indefinibile, è luogo dove il sole non tramonta mai dietro l’orizzonte. Non è terra, non è oceano, “sembra oscillare tra mondi liquidi e solidi”.
Ma Tule dove si trova esattamente? Dalle indicazioni troppo approssimative non è dato comprenderlo con precisione. Ecco la nascita di un paesaggio leggendario.
La leggenda
Nell’antichità i mari settentrionali sono poco conosciuti, anzi, praticamente sconosciuti.
Dopo Pitea, il non riuscire a definire l’esatta posizione di Tule affonda gli studiosi nel mare delle congetture: la immaginano vicino alla Scozia, alla Groenlandia, la identificano nella Norvegia, nell’Islanda, nelle isole Faroe, … Una situazione scientificamente insostenibile, che porta alcuni a screditare il geografo, definendolo un immaginario e un affabulatore.
Nella sua opera “Sull’oceano”, di cui si trovano citazioni negli studi di autori come Prolibio e Strabone, Pitea descrive Tule come un “polmone marino”, definizione che evoca la consistenza di una medusa, riconducibile al fenomeno osservabile nell’acqua del mare mentre si trasforma in ghiaccio e diventa fluida e vischiosa.
Un indizio che comunque non dipana le incertezze, che invece continuano a plasmare la leggenda lungo i secoli.
Si arriva così fino al XVII sec., quando il cartografo Joan Blaeu sceglie di lasciare sulle cartine un vuoto in merito alla presunta posizione dell’isola, determinando così il mito di Tule.
La sua presenza eterna viene così scolpita nell’immaginario di navigatori, cartografi, poeti e rimane indelebile tra le pagine degli antichi scritti.
Fonti:
“Atlante dei paesi sognati” Dominique Lanni. Illustrazioni di Karin Doering-Froger (Bompiani/Rizzoli Libri, 2016)