Natura sensitiva e la natura dell’Antropocene

Testo di Eleonora Diana

Puntata 2

Ci troviamo, senza alcun dubbio, in nuova era geologica.
Ora l’uomo si riscopre una forza naturale, capace, al pari di un asteroide o di un cataclisma, di portare all’estinzione intere specie animali o di distruggere o modificare interi ecosistemi.
Così scopriamo che cambia anche lo stesso statuto della natura e il modo in cui la nostra società dovrà relazionarsi alle nuove problematiche dell’Antropocene.

La Natura Ibrida

“(l’incolto) è un’incoerenza estetica simile alla scintilla: un incontro fugace che rischiara un frammento di tempo”
(Gilles Clément)

La Natura, durante l’Antropocene, cambia statuto: da Natura si trasforma in Natura Ibrida. Per capirne il senso, è utile un piccolo salto nella storia del pensiero.

Il concetto di Natura, affrontato da pensatori e filosofi lungo i secoli, è stato descritto nei più svariati modi, passando da una visione positiva a negativa, dal vincere all’accettare, ma con una costante, ossia la sua profonda autonomia e indipendenza strutturale dall’essere umano, che invece ne è un “figlio”. Esiste quindi una natura e un modo naturale di vivere e dall’altra esiste l’uomo con un progresso che lo allontana dallo stato di natura.

Il distaccamento progressivo dell’uomo da una natura incontaminata e lussureggiante, è un leitmotiv che ritorna con regolarità. Tuttavia, nello specifico, la natura incontaminata da preservare dalle mani distruttrici dell’uomo, è la sintesi di idee preesistenti confluite nella cultura dei primi avventurieri che giunsero nelle Americhe e che posero le basi della natura di Walden, in cui la natura incontaminata è buona e giusta di per sé.

Ora l’Antropocene ha cambiato le carte in tavola: non esiste praticamente più quella natura incontaminata – sarà mai esistita davvero? -, ma appare come il condensato dell’interazione tra umano e naturale, “spontaneo” e artificiale, ma altrettanto di valore e da proteggere. È una natura di relazione, effimera nel suo essere frutto di una serie di contingenze storiche-naturali-culturali.

Un esempio di questa interferenza umana? Viaggiamo nella storia dell’impianto petrolchimico delle saline di Priolo, un paesino nel siracusano.
Quando fu costruito, l’impianto arrecò non pochi danni alla salute degli abitanti, all’ambiente circostante, al suo ecosistema, distruggendo le saline.
Da alcuni anni però, in quelle stesse strutture mostruose, si sono insediate colonie di fenicotteri rosa che, a causa del riscaldamento terrestre, non hanno più bisogno di migrare verso l’Africa, ma si fermano in Sicilia.
“Qui, tra i fanghi e gli sterpi delle antiche saline poi spodestate dall’industria petrolchimica e circondati da ciminiere, silos fumanti e miasmi, i fenicotteri non sono più solo di passaggio”.
L’insieme è così irripetibile da aver spinto le autorità a dichiarare le saline di Priolo riserva naturale nel 2000.

Un altro modo per descrivere la Natura Ibrida è decodificato dal pensiero di Gilles Clèment che propone “la teoria dell’incolto come metodo”.
Teorizza, semplificando, la ribellione al prato, ovvero alla falciatura, perché la natura sia libera di essere mobile nel suo evolversi, ovvero “giardino in movimento”.

La Natura dell’Antropocene è questo: è l’incolto, è la vegetale crescita marginale nella città, è lo spazio naturale residuale, di cui il valore risiede proprio nell’essere Natura Ibrida, ovvero “in parte Natura, in parte manufatto”.

É questa Natura che deve essere protetta da una nuovo modo di fare politica, che ragioni con inedite forme di pensiero.

Alla prossima puntata…

Fonti:
“Nell’Antropocene. Etica e politica alla fine di un mondo” di Gianfranco Pellegrino e Marcello di Paola (Derive Approdi, 2018)

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