Natura sensitiva e l’erba delle streghe

Sabato, il giorno (e la notte) del Sabba.

Pomo spinoso, erba metella, erba delle streghe, del diavolo, degli incantesimi, erba maga. Una pianta, tante storie.
Vive lungo le strade, nei campi, sui ruderi, ma è rara la fortuna di incontrarla. Tra le sue foglie e i candidi fiori a calice ostenta eleganza, nasconde veleno.

Lo stramonio (Datura stramonium L.), affascinante viaggiatore giunto a noi dall’Asia centrale. Un’erba “consolatrice” dalle proprietà narcotiche e tranquillanti, ma anche potente allucinogeno.
“Chi ne fa uso perde la ragione per diverso tempo, ridendo, piangendo o dormendo… Ogni tanto appare normale, ma in realtà non lo è”.
Così ne racconta gli effetti Avicenna, medico, fisico e filosofo nella Persia del X secolo.

Appartenente alla famiglia delle Solanaceae, è utilizzato sin dall’antichità nella medicina ufficiale.
Ma dietro lo stramonio, come altre piante velenose e psicoattive, s’intrecciano da sempre concetti magici e religiosi con pratiche mediche e farmaceutiche.
È il mondo delle streghe e dei maghi che si mescola a quello della medicina attraverso un comune denominatore: le piante e i loro “poteri”. Dall’antichità al Medioevo, fino a tempi relativamente recenti.

Tra i resoconti dei processi per stregoneria del ‘500, infatti, emergono due elementi tipici nell’attività delle streghe, la pratica della magia e la pratica della medicina. Era costante il trasformarsi del processo alla strega in un’indagine sulle attività terapeutiche della donna inquisita.

Dal 1484, anno della formulazione teorica della bolla Summis desiderantes di Innocenzo VIII a cui segue il Malleus maleficarum del 1487 (il famigerato “Martello delle streghe”), si raggiunge la piena realizzazione della caccia alle streghe perpetrata per oltre due secoli e in cui l’Europa fu illuminata dai roghi, che dovevano purificare il mondo dell’eresia e della stregoneria.

Nella sua “Flora Medica della provincia di Como” (1872, ed. Franchi), Scotti riferisce che in Francia fu bruciata una strega che con semi di datura assopiva, per circuirle, giovani fanciulle. Sempre in terra francese la setta degli “Addormentatori” fu processata per procurare narcosi e quindi derubare le proprie vittime, facendo fiutare un tabacco misto a stramonio in polvere.

Questo alternarsi tra medicina e magia percorre i secoli e vive anche nei monti intorno al Lago di Como tra Ottocento e Novecento all’interno della medicina popolare, in cui lo stramonio viene utilizzato come pianta psicoattiva. Una pratica disseminata da figure quali raccoglitori di piante, guaritori e soprattutto “curandere”, ovvero guaritrici “che spesso venivano tenute in disparte perché considerate conoscitrici dei segreti delle piante velenose con cui diffondevano il ‘male’ fra le persone”.

L’uso della datura ha scritto pagine importanti nella storia dell’uomo e del suo strettissimo rapporto con il regno vegetale, influenzando pensieri e destini fino all’avvento della farmacologia chimica, in grado di determinare la composizione molecolare dei principi delle piante, base indispensabile per una corretta conoscenza della loro farmacosintesi.

Sotto la luce della Luna

Il profumo dello stramonio, difficile da descrivere, ma soave e seducente, durante la notte è molto più intenso.
Nelle ore notturne il fiore si apre maggiormente, attirando gli insetti pronubi notturni per la fecondazione, dopo la quale si chiude per iniziare la sua “gravidanza” con la maturazione dei semi, piccoli, schiacciati e giallastri, contenuti in una nucola spinosa.

Fonti:
“Le piante del cuore e della mente” di Pietro Testori e Valerio Gaeti
(Edizioni La Vita Felice, 2013)
“La consolazione delle piante” di Pietro Testori. 2015
storiadellafarmacia.it

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