Natura sensitiva e una millenaria storia lussuriosa

Testo di Anna Rapisarda Visual Designer

Nutrono, curano, avvelenano, eccitano.
A volte per difesa, altre per risvegliare, attirare e gratificare i sensi.
Sono le “piante del desiderio”, che dalla notte dei tempi seducono chi vuole sedurre.

Gli afrodisiaci. Storicamente universali.
Testimonianze sull’impiego di sostanze che influenzano la sessualità si trovano in ogni popolo: frutti e ortaggi, filtri e pozioni nella spasmodica e millenaria ricerca dell’uomo di conservare e potenziare la sua “energia vitale”, per assicurarsi le grazie di Afrodite, dea greca dell’amore, fonte della seduzione e del piacere, della sessualità e della lussuria.

Una lunga storia di piacere

Gli antichi seduttori, attingendo dall’inesauribile mondo vegetale, consideravano afrodisiaco un cibo dalle proprietà vasodilatatorie, oppure un frutto o un ortaggio dalla forma simile agli organi genitali maschili o femminili, oppure un ingrediente circondato da un’aura di misteriosa rarità, perfetto per scatenare fantasia e autosuggestione, ma spesso dannoso per la salute.

Tra i più famosi e lodati afrodisiaci di tutti i tempi, la sacra bevanda soma degli antichi Arii è andata completamente perduta. Stessa sorte per la pianta dalla quale veniva distillata, che, invano, numerosi studiosi hanno cercato di identificare.
Le prime testimonianze scritte sull’uso degli afrodisiaci si trovano nelle scritture dei Sumeri, nei papiri egizi e nelle incisioni su osso degli antichi oracoli cinesi.

Egizi
Finocchio, melograno, giglio d’acqua, ninfea azzurra, mandragora… erano tra gli afrodisiaci più raffinati nell’antico Egitto, mentre le ricette più stimolanti erano a base di sapori piccanti come zenzero, vino al coriandolo e ravanelli mischiati al miele. È proprio questa antica credenza che definisce “piccante” tutto ciò che è legato all’eros.

La cipolla era considerata una vera “bomba”, mentre tra gli alimenti dalla forma vagamente fallica vi era la lattuga, pianta sacra al dio della fertilità Min.
Un papiro datato 1700 anni a.C. riporta la ricetta più antica per un afrodisiaco vegetale utile, così come viene riportato nello stesso, “per ringiovanire il sangue, per rinvigorire ciò che è diventato fiacco” e con l’elenco di diversi ingredienti come acacia e miele, quest’ultimo re delle preparazioni “stimolanti” di tutti i tempi.

Greci
I poeti ellenici tramandavano che Afrodite emerse dalla spuma del mare fecondata dai genitali di Urano scagliati negli abissi da suo figlio Cronos.
Era nuda, sensuale, seducente e quindi, non a caso, per gli antichi greci tutti i cibi di origine marina venivano considerati favorevoli a una buona performance erotica: pesci come lo storione e il suo caviale oppure crostacei come le ostriche. Tra i vegetali, invece, grandi erano le aspettative con carote, cipolle e tartufi.

Il traffico di prodotti afrodisiaci e talismani era florido, dalle sacerdotesse arrivavano invece i rimedi più popolari. Assai curiosa la prescrizione in cui il medico Galeno consigliava i pinoli, mentre le lenticchie venivano ritenute utili alla longevità della funzione sessuale.

Romani
I filtri d’amore, chiamati Amatoria pocula, rappresentavano una vera piaga sociale per la loro tossicità, a volte letale: venivano preparati con mandragora e noce vomica, contenente stricnina, piuttosto che con ingredienti di origine animale o addirittura umana.
Un fenomeno molto diffuso, tanto da assumere le proporzioni di un’emergenza che portò l’imperatore Vespasiano ad emanare un decreto di esilio per chi fosse stato sorpreso a preparare o distribuire tali misture e di condanna a morte se la pozione si fosse rivelata mortale.

I medici preferivano consigliare rimedi blandi come la rucola che cresceva intorno alle statue di Priapo, divinità simbolo di abbondanza e fertilità, o la cannella, piuttosto che, come i greci, cipolle, pinoli e ostriche.

Nella sua Ars amatoria, anche il poeta Ovidio sconsigliava i pericolosi filtri d’amore, suggerendo di affidarsi alle erbe e alle piante officinali e proponendo ricette naturali per rinvigorire la passione amorosa, con ingredienti come erica e miele.

Cristianesimo
L’avvento del Cristianesimo demonizzò molte piante sacre dell’antichità, ponendo un freno al degrado morale di Roma e cercando di riportare la sessualità nella sfera generativa e affettiva del matrimonio.
Le comunità monastiche conservavano segretamente le conoscenze degli antichi, ma le utilizzavano per allontanare le tentazioni, imponendo regole precise nell’alimentazione: si chiedeva infatti di limitare il consumo di carne rossa e cipolle.
Per sopire gli istinti di nobildonne e uomini di chiesa, si consigliava l’uso di piante officinali dotate di poteri sedativi come l’Agnocasto (Vitex agnus castus) chiamato anche “il pepe dei monaci” per i suoi semi rotondi e neri.

Per i laici un’importante novità arrivava dall’Oriente: le spezie offrivano un vasto panorama di sostanze eccitanti, spesso accompagnate da leggende fantastiche sulla provenienza, come i chiodi di garofano, la noce moscata, la cannella, lo zenzero, lo zafferano e il coriandolo. Molto costose e ricercatissime fino a diventare uno status symbol.

Rinascimento
Fu l’epoca di una presa di coscienza da parte dei medici in merito al fatto che il potere di questi rimedi fosse in gran parte di natura psicologica. Testimonianza artistica di questa consapevolezza è “La mandragola”, celebre commedia teatrale di Niccolò Machiavelli che si prende gioco dei creduloni: lo sciocco Messer Nicia, nel desiderio di avere un erede dalla giovane moglie, accetta di essere tradito, seguendo le ingannevoli prescrizioni del giovane Callimaco che, travestito da medico, consiglia proprio la radice di mandragora.

“Secondo una macabra superstizione – spiega il neuropsichiatra Giuseppe Magnarapa – la mandragora era una pianta che cresceva dalle secrezioni rilasciate dagli impiccati. Ricorrono spesso nei ricettari stregoneschi diversi ingredienti legati a questi condannati a morte. Anche nel Macbeth, le streghe gettano nel fuoco ‘grasso colato giù dalla corda di un impiccato’. Tali credenze si dovevano al fatto che, durante l’impiccagione, il corpo del condannato reagisse spesso con un’erezione provocata dallo stiramento meccanico del midollo lombare che sollecitava i centri preposti al funzionamento dell’apparato urogenitale”.

Dal secolo dei Lumi in poi…
Il ‘700, palcoscenico di due grandi libertini della storia come Casanova e il Marchese de Sade, celebrò trionfalmente l’intima relazione tra i piaceri della bocca e quelli dell’alcova con piccanti carni rosse, di selvaggina, di pavone e con i “miracolosi” pomodori, le patate del Perù e il cioccolato.
Nell”800, mentre la potenza afrodisiaca dell’asparago si diffondeva in tutta Europa, fino al punto di essere vietato alle suore e ai monaci, dall’Africa occidentale arrivava un nuovo “stimolo” ricavato dalla parte interna della corteccia dello Yohimbe, chiamato, per evidenti ragioni, l’”Albero dell’Amore”.
Con l’avvento della chimica seguirono poi le polveri ricavate dagli insetti, irritanti e a volte letali, e dal secondo dopoguerra le droghe soppiantarono gli antichi rimedi magici.

E oggi? Tutta un’altra storia…

Fonti:
“Le piante dell’amore” Christian Rätsch (Gremese Editore, 1991)
lastampa.it
storiain.net

Cerca