Ph. Luigi Fieni. “L’Ancestrale” di Giovanni Tamburelli nel giardino di Villa Erba. Orticolario 2016
Testo di Anna Rapisarda Visual Designer
“Il giardino è il luogo ideale per accompagnare le apparizioni, per ambientare sogni profetici; per conciliare pensieri sublimi o suoni fiabeschi. Nei giardini accadono cose che in altri luoghi non si verificano: hanno a che fare con storie di nascita, crescita, trasformazione, cura di sé e degli altri”.
(da “Di che giardino sei?” di Duccio Demetrio)
Proibito, segreto, di streghe e maghi, re e regine, anche nella fiaba il giardino è fonte inesauribile di suggestioni.
Qualsiasi esso sia, qualunque forma abbia, la sua simbologia è potente. È luogo che desta forti desideri, a volte profondamente trasgressivo, dove ci si abbandona ai piaceri, e campo ideale in cui ordine e disordine combattono. È spazio in cui la magia è capace di cambiare la realtà, territorio dell’anima in cui l’essere umano è il curatore-giardiniere.
La conquista
Il giardino nascosto e proibito è un richiamo irresistibile, una tentazione che solletica l’immaginazione e apre ai recessi dell’inconscio. Il suo raggiungimento trasporta nella dimensione del segreto e della proibizione finalmente infranta.
Spesso, proprio quando i bambini irrompono nel “giardino degli adulti”, la fiaba sottende una rinascita della natura, in cui il mito della sua armonia con l’umanità può rinnovarsi. Il giardino segreto conquistato diventa spazio di crescita, un altrove che scandisce le metamorfosi dei protagonisti, dove scoprire e coltivare sentimenti, pensieri e desideri, con i ritmi della natura che lo popola: un processo dove viene stabilita un’unità fra gli esseri viventi, siano essi piante, persone o animali.
Nel corso dei secoli
“Il giardino è sempre stato ed è tuttora lo spazio in cui l’uomo traduce in struttura il suo rapporto con la natura”
(da “Il giardiniere appassionato” di Rudolf Borchardt)
Nelle fiabe s’incontra la storia del giardino e ci si muove in paesaggi dalle diverse forme e significati: dall’arte topiaria che, modificando il naturale in innaturale, è “l’arte del Diavolo”, ma anche fautrice di una bellezza disponibile per tutti, al labirinto vegetale dove si cammina e si corre tra inquietanti corridoi, teatro di una realtà allucinata.
A proprio rischio e pericolo, si entra poi nel giardino della strega che circoscrive la radura del bosco, trasformandola nel suo hortus conclusus. Lei, figura arcaica in cui si mescolano il cattivo e il buono, che della natura incarna il potere distruttivo e gli aspetti positivi.
Sulle fattezze del giardino, anche nella fiaba si scatenano “ribellioni”, come quella contro le forme impeccabili di uno spazio frutto di un giardinaggio maniacale, a favore di un aspetto più giunglesco con i suoi meriti ecologici, come accade in “La Giungla della nonna” di Colin West.
“Il giardino è il teatro della vita”, scrisse Ippolito Pizzetti, ed è anche spazio dove si coltiva l’immaginazione, la stessa dimensione in cui nascono e si muovono le fiabe: attraverso lei si fissa il valore della realtà, parla di noi, di ciò che è dentro di noi e fuori da noi.
Allora, qui, in giardino, dove si respira l’aria di due mondi, inventiamo le fiabe. Per raccontare meglio (e cercare di capire) il presente.
Fonti:
“Paesaggi della fiaba. Luoghi, scenari, percorsi” Franco Cambi e Gaetana Rossi (Armando Editore, 2006)
biblioteche.mn.it
rivistapsicologianalitica.it