Testo di Eleonora Diana
Puntata 1
Paesaggio urbano, architettura del paesaggio, landscape design: il denominatore comune è il fatidico paesaggio, onnipresente a livello iconografico e verbale.
Il termine rimbalza dalle scienze umanistiche alla filosofia, dalla sociologia all’antropologia, dalla geografia al design, fino all’architettura.
In qualsiasi ambito, emerge sempre l’importanza della sua conservazione.
Ma che cos’è il paesaggio?
Per Michael Jakob, comparatista e teorico del paesaggio, è strettamente connesso alla problematica di cosa sia e di come si sviluppi la relazione tra uomo postmoderno e natura.
Solo un uomo urbanizzato può avere bisogno del paesaggio
Ripercorrendo Jakob e tralasciando per ora la questione terminologica (paesaggio è sia l’opera d’arte sia la “bella vista”), uno dei punti chiave da cui partire è la dipendenza della nascita del concetto di paesaggio dalla prospettiva urbana: solo la città, con la sua alienazione e il suo distacco dalla natura, crea il paesaggio, proprio perché è “altro da sé”. La città istituisce un luogo o un concetto dove scappare.
È proprio la città, con il suo allontanamento dalla natura, a predicare la necessità di ritorno ad essa. Nella storia, il paesaggio, luogo idilliaco e di rifugio, è reazione alle problematiche urbane e contemporaneamente possibile soluzione.
Sono le città stesse, in particolare quelle moderne, molto cambiate nel tempo, ad aprire questioni sull’essenziale necessità di preservare una natura sempre più residuale (ecologia degli anni ’70 docet).
Nasce così l’onnicittà che, dominando incontrastata sul mondo, necessita di un alter ego, o meglio, spinge a cercarne uno: l’onnipaesaggio, ovvero la preponderante tendenza alla discussione sul paesaggio.
Con il fenomeno dello sprawl, ovvero l’urbanizzazione dei piccoli centri, si perde la possibilità di identificare i confini distintivi dei classici poli “città-campagna-natura” e “città-industria-campagna”. E così, ecco la necessità di ricercare, conservare e preservare le zone residuali naturali sopravvissute al fenomeno.
Missioni come la DATAR dello Stato francese, nata nel 1984 per riscoprire (fotografandoli) gli effettivi paesaggi francesi, o visual assessment, rappresentano il tentativo di immobilizzare e congelare i luoghi di interesse. L’azione dell’UNESCO parte dallo stesso presupposto: la conservazione di luoghi “sacri”.
Conservare e fotografare. Il paesaggio come prodotto di una società di consumo
Questa percezione moderna del paesaggio è fondamentalmente una costruzione culturale legata ad un preciso percorso storico. Il paesaggio diventa un’immagine inquadrabile, da conservare, da riprodurre all’infinito con piccole variazioni sul tema.
La nostra forma mentis ormai è quella di un homo videns (Giovanni Sartori): viviamo infatti in un mondo che si sviluppa per immagini.
Buona parte della nostra attuale percezione della natura nasce grazie ad una storica fotografia della Terra scattata dalla luna (l’indimenticabile “Blue Marble”). Le “immagini-paesaggio” che vediamo quotidianamente e ovunque, hanno avuto e continuano ad avere un impatto enorme sul nostro modo di ricordare e pensare ai paesaggi fino al punto che l’esperienza stessa, definita da Jakob “paesaggio-coscienza”, viene posticipata all’immagine, alla sua rappresentazione, ovvero al “paesaggio-immagine”.
L’idea di paesaggio è quindi assolutamente connessa a doppio filo alla cultura in cui ci si trova. “In ultima istanza, il paesaggio non sarebbe altro che il prodotto di una società di consumo”.
Ma quindi che cos’è il paesaggio?
Partiamo dalla formula che, secondo Jakob, lo definisce: “P= S+N”.
Il paesaggio è dato dall’incontro tra soggetto e natura. Senza uno dei due non esiste alcun paesaggio.
Nella visione di Jakob il ruolo del soggetto è fondamentale.
Senza qualcuno che osserva, con i propri schemi mentali, il paesaggio non esiste. Non solo: il paesaggio esiste solo se inquadrato da occhi con concezioni preesistenti, quindi il paesaggio può essere visto solo se ci si aspetta di vedere.
Alla prossima puntata
Fonte:
“Il paesaggio” di Michael Jakob (Il Mulino, 2009)