Testo di Mario Mariani e Matteo Boccardo
Central Park di Mario Mariani, costruttori di giardini
Galliate (No)
mariomariani.studio
Come abili trasformisti, ma sempre attori di primo piano, gli aceri hanno forme molto diverse fra loro e sanno sempre colpire la nostra attenzione per portamento, colorazioni autunnali dei rami, corteccia, forma e colori delle foglie.
Crescono lungo la fascia temperata in Nord America, Asia ed Europa, ma ovunque si trovino, non mancano di dare vita a scenari come questi…
Tra lago e cielo
Capita che dopo i primi freddi, a novembre, si assista ad un ritorno di tepore. È l’“estate di San Martino”.
Sul Lago Ontario, in Québec, è un grande avvenimento e dalla riva si ammira il teatrale spettacolo. Acqua e cielo si abbracciano, perdendosi uno nell’altro, dando vita ad una scenografia surreale. Le foreste che lambiscono il lago prendono vita: migliaia di aceri (Acer rubrum) si tingono di vibranti colori caldi dall’oro all’ocra, dal giallo all’arancio. Svettano sporadiche le cime degli abeti (Abies balsamea), mentre in basso l’acqua viene accarezzata dalle ultime erbe, talvolta ancora tenuamente verdi, talvolta giallo paglierino.
Poco sopra, affiancati dagli austeri abeti nella loro veste verde intenso, gli aceri che hanno raccolto il riverbero dal lago nei periodi estivi, ora mostrano fieri il loro colore scarlatto.
Tra i tetti del tempio
Si ripete la secolare tradizione della caccia alle foglie autunnali in Giappone: il Momijigari. In un tempio fuori K yoto, un piccolo corso d’acqua attraversa un giardino.
Mentre in basso la ghiaia chiara attira l’occhio nei suoi solchi precisi, in alto i raggi del sole radente creano uno sfondo surreale. Le forme sicure e imperturbabili degli arbusti rigorosamente topiati e dei massi, costeggiano la ghiaia, immersi in morbide onde verdi di muschio che spariscono nell’acqua.
Contrapposte, a lambire l’acqua in uno sconcertante contrasto, nuvole di foglie di Acer palmatum, come fluttuanti nell’aria, sembrano fermare il tempo per vestirsi di amaranto, oro, rosa e arancio. Sull’acqua le foglie adagiate, rianimate dagli eleganti movimenti rossi e bianchi delle carpe koi, il tempo torna a scorrere.
Spettatori di una danza
Quando il grande freddo comincia a lasciare la presa e le luci tornano a far brillare i colori, in Siberia, lungo le anse del fiume Amur, va in scena un grande spettacolo. Il cielo terso sovrasta la distesa innevata accendendola di luce, di tanto in tanto qualche ciuffo d’erba più tenace regala una pennellata d’oro. Alle spalle, la pelle bronzea degli Acer griseum brilla al sole e come vestiti a festa, lasciano che le loro scortecciature si illuminino nei toni del caramello. Sono pronti a fare da testimoni alla danza della gru della Manciuria, animale quasi mitologico che tutti gli anni torna a rinnovare o suggellare la sua promessa di fedeltà.
I fuochi della primavera
In ogni singola valletta ha preso vita un piccolo corso d’acqua, la stagione delle piogge a breve lascerà spazio alle piacevoli giornate primaverili. Ad Acquapendente, crocevia fra Toscana, Umbria e Lazio, nel Bosco del Sasseto scorre ricco un allegro torrentello. Mentre in basso serpeggia e guizza l’acqua, come in disparte, sul fondo, i grandi alberi secolari con i loro tronchi vissuti, osservano seri, quasi severi.
Costeggiano il fiume grandi massi, sui quali nei secoli muschi e piccole felci hanno creato una morbida copertura verde brillante. Dove scoperti, i massi porosi di tufo e piperno, ci mostrano la loro origine vulcanica, inondando l’aria con un ricordo di energia primitiva. Dalle rocce escono movimenti del colore della lava raffreddata: le salamandrine di Savi, da poco risvegliate dal torpore invernale si avventurano fra i muschi, mostrando, nei loro flemmatici movimenti, l’addome rosso magmatico.
Più sopra, un grande acero italico (Acer opalus), il cui forte tronco è ormai argentato dai licheni che negli anni hanno scelto di adornarlo, prende vita. Come un fuoco d’artificio giallo e verde acido, su ogni apice dei suoi rami brillano le delicate infiorescenze: è primavera.
Tra le righe
Le piogge primaverili irrorano generose la vegetazione della costa nord est degli Stati Uniti d’America. Lungo un crinale dell’Acadia National Park, su una grande lastra di pietra affiorante, il velluto verde dei muschi e le soffici nuvole glauche dei licheni risplendono brillanti, mentre sopra di loro le foglie tripuntate degli Acer pensylvanicum sembrano voler occupare ogni spazio nella volta del bosco.
Quand’ecco più in basso un guizzo, un incrocio di linee: una lince di passaggio, con le righe orizzontali del suo manto, incrocia le molteplici verticali color lichene disegnate sulla pelle verde dei tronchi degli aceri, impazienti di crescere.
Queste scene raccontano che la spettacolarità di una pianta è valorizzata e amplificata se all’interno di un contesto.
È necessario comprendere gli ambienti naturali per trasporli nei giardini che realizziamo.
Che siano grandi o piccoli poco importa, indispensabile è che raccontino bellezza.
Un omaggio a Gertrude Jekyll che nel 1900 usava questa tecnica per descrivere i suoi giardini.