Testo di Eleonora Diana
Puntata 2
Dall’odierna e incredibile situazione di Černobyl della Puntata 1 a Hiroshima, dove le piante hanno dimostrato una resilienza e resistenza incredibili.
Gli eroici Hibakujumoku
Gli Hibakujumoku non si vanno a visitare, ma si incontrano. Questo è un punto fondamentale.
Se sai chi sono, non puoi non rispettarli. Probabilmente anche amarli.
“Alberi normali all’apparenza, se non fosse stato per l’evidente sentimento di rispetto e, direi, di affetto che suscitano nelle persone che erano lì ad ‘incontrarli’. Due anziani signori (probabilmente marito e moglie) si erano accomodati su due seggioline portatili, di fronte al ginkgo ed erano impegnati in una lunga conversazione con l’albero. Un ragazzo lo aveva velocemente abbracciato prima di continuare la passeggiata. Chiunque, passando accanto agli alberi, sembrava conoscerli bene e molti, dai bambini agli anziani, si inchinavano profondamente. Su ogni Hibakujumoku, unica caratteristica che li distingueva dagli altri alberi, era appeso un cartellino giallo”.1
Su ogni targhetta ci sono scritte solo tre cose: sono un Hibakujumoku, la specie e la distanza dall’ipocentro.
Sono “alberi che hanno subito un’esplosione atomica”.
Ci tengono molto i giapponesi a non chiamarli “sopravvissuti”, a quanto racconta nel suo personale incontro lo scienziato Stefano Mancuso. “Sopravvivere” porta con sè un giudizio quasi di valore per chi non ce l’ha fatta, “subire” o “essere esposti” è un’altra cosa.
A volte protette dal tronco o dalla profondità delle radici, queste piante sono riuscite a essere esposte a un’esplosione atomica senza nemmeno troppi danni.
Mancuso incontra per primo un ginkgo a 1130 metri dall’ipocentro, un albero della canfora a 1120 metri, un agrifoglio di Kurogane a 910 metri, una peonia a 890 metri.
Qui, racconta, il terreno aveva raggiunto, all’impatto della bomba, una temperatura tra i 4000 °C e probabilmente 6000 °C.
Infine un salice piangente, ricresciuto dalle radici. Siamo a 370 metri dall’ipocentro.
Poco distante l’ombra impressa sul muro di Mitsuno Ochi, così tristemente famosa.
Nonostante le dichiarazioni degli scienziati ai tempi, i germogli comparvero già dalla primavera successiva.
Un mese dopo la bomba, a Settembre del 1945, fiorirono le Canna indica.
Nella primavera del 1946 fiorì il ciliego, mentre nel Settembre del 1946, un anno dopo, in mezzo alle macerie fiorì l’oleandro, pianta ufficiale della città.
L’iniziativa
Proprio per diffondere questi esempi di resilienza, è nata Green Legacy Hiroshima, un’iniziativa che ha come obiettivo la salvaguardia e la diffusione nel mondo di semi e nuovi nati dei Hibakujumoku.
Le richieste per ricevere dei semi sono ben accette, a condizione che i richiedenti dimostrino conoscenza di botanica, un progetto a breve e lungo termine per prendersi cura dei semi e degli alberi, e un chiaro simbolo dietro l’iniziativa.
In Italia sono già presenti in alcuni siti specifici.
Fonti:
1 “L’incredibile viaggio delle piante” Stefano Mancuso (Editori Laterza)
glh.unitar.org
nationalgeographic.it
ufi.ca.uky.edu
thesun.co.uk