Un pianta capace di risorgere. Si chiama Silene stenophylla. E non stiamo scherzando.
I suoi semi, trovati in Russia nella regione del fiume Kolyma, protetti dal permafrost e probabilmente nascosti da un antico scoiattolo, sono tornati a germinare dopo 32 mila anni. Un’età da capogiro, considerando il fatto che si parla di Pleistocene! Questa specie abita tutt’ora sia nella Siberia orientale, sia nel Giappone settentrionale.
La magica capacità dei semi di giacere per anni immobili, come piccole navicelle del tempo, si chiama ‘dormienza’. Per noi è qualcosa di assolutamente fantascientifico: sarebbe paragonabile all’animazione sospesa dei film di viaggi intersellari. La possibilità di congelare il corpo per congelare il tempo.
Nasce spontanea una domanda: che utilità c’è nel fatto che alcuni semi si attivino immediatamente, non appena le condizioni si dimostrino favorevoli, e altri invece rimangano in attesa? Con che criterio alcuni germogliano e altri attendono?
“In realtà la risposta possibile è una sola, e l’indizio per arrivarci sta nel fatto che la dormienza equivale a un viaggio nel tempo. La risposta è che ci sono tempi buoni e tempi cattivi per germinare, e al seme, dato che ha una sola cartuccia da sparare, conviene aspettare il momento giusto. I periodi buoni e cattivi variano nell’arco dell’anno, con le stagioni, perciò il vantaggio di certe dormienze brevi – per esempio quella di un seme deposto in autunno che poi germina in primavera – non è difficile da capire. Ciò che lascia davvero perplessi è che in primavera non tutti i semi germinano contemporaneamente: perché così tanti restano nella “banca”, in attesa che passi un altro anno? In questo caso dobbiamo ragionare più a lungo termine. Ci sono anni buoni e anni cattivi per la germinazione e la crescita e, come dichiara Emily Dickinson (…), l’ora e il clima e ogni circostanza sono ignoti per un seme che si trova sottoterra: se germino adesso, sarà un anno buono o cattivo? Come dovrebbe regolarsi un seme per affrontare un’incognita simile? L’aspetto interessante è che la risposta cambia a seconda che lo si chieda al seme o alla pianta madre”.1
Dal punto di vista del seme, il momento giusto di germinazione corrisponde a buone condizioni di umidità e temperatura del terreno. Se fosse il seme a decidere, dunque, la germinazione sarebbe sincronizzata. Così la dormienza non avrebbe senso di esistere.
Invece in una prospettiva materna ha senso. Eccome! Rappresenta il tentativo di dare ai suoi figli più chance possibili di sopravvivenza. Rimane quindi la pianta madre a decidere il dove e il quando della germinazione.
“La pianta madre riesce a esercitare il controllo sui suoi figli anche dopo che hanno lasciato il nido: ciascun seme disperso, infatti, è avvolto in strati di tessuto materno. Finché non viene liberato dalla schiavitù del rivestimento, l’embrione resta alla mercé della madre. La pianta può programmare gli strati in cui avvolgere ciascun seme in modo che siano duri o teneri e decidere i tempi di germinazione; spesso adotta soluzioni diverse anche all’interno della stessa covata”.2
Assolutamente incredibile. E assolutamente incredibile che in qualche modo madri umane e madri piante si assomiglino.
Negli anni ’70 è stata fatta un’incredibile scoperta riguardo alla composizione cellulare dell’essere umano: esisterebbero in ogni individuo cellule, dette microchimeriche per la capacità di trasformarsi in diversi tipi di materiale cellulare, che sono di altre persone, della madre, del fratello, persino dello zio e della nonna.
Funzionano come cellule staminali di riserva, molto importanti durante il delicatissimo momento della gravidanza: quelle del figlio accorrono in aiuto della madre, quelle della madre in aiuto del figlio, rimanendo presenti fino a 40 anni dopo il parto, trasformandosi a seconda della necessità in cellule polmonari, cardiache, epiteliali, ecc., per sconfiggere l’Alzheimer, riparare il tessuto polmonare, ridurre la probabilità di cancro al seno, allungare il tempo di allattamento (così da evitare che la madre rimanga incinta di nuovo, subito dopo il parto), …
Le cellule chimeriche entrano in campo per salvaguardare fino al limite massimo la sopravvivenza della madre e del figlio, in maniera tale che la specie continui a sopravvivere.
Il seme viene protetto dalla pianta madre per la sopravvivenza della specie.
Non siamo in fondo poi così diversi: in entrambi casi la mamma rimane sempre la mamma.
1 “La vita Segreta dei semi” di Jonathan Silvertown (Bollati Boringhieri, 2014). da capitolo 11..
2 “La vita Segreta dei semi” di Jonathan Silvertown (Bollati Boringhieri, 2014). da capitolo 11..
Fonti:
“La vita Segreta dei semi” di Jonathan Silvertown (Bollati Boringhieri, 2014)
“Un corpo estraneo”. Internazionale, n° 1140
“Le cellule del feto per anni nel corpo della madre”. focus.it
“La pianta risorta”. focus.it
“Dead for 32,000 Years, an Arctic Plant Is Revived”. nytimes.com
“Russia, ‘resuscitata’ la pianta di 30mila anni fa”. repubblica.it