La fitodepurazione: una grande opportunità per le aziende agricole. Dettagli, numeri e suggerimenti concreti per l’applicazione nelle realtà viticole

di Marco Devecchi e Gianni Forte, professori universitari

Iniziamo dal lieto fine: la fitodepurazione è una grande opportunità anche per le aziende agricole. Sì, ma come e perché? Qui tutti i dettagli, consigli pratici e le risposte a ogni dubbio.

 

Nelle acque superficiali la sostanza organica si degrada naturalmente grazie all’attività di miriadi di organismi che, oltre all’attività di depurazione, producono sostanze utili per i vegetali. Tuttavia, l’eccessiva presenza di materiali organici può rendere difficile questo processo. In questi casi, è necessario un intervento umano per ristabilire le condizioni ottimali e la fitodepurazione rientra tra gli strumenti naturali più vantaggiosi.

 

Fin dal passato i principi della fitodepurazione, nelle sue formulazioni più semplici, sono stati impiegati nelle mura domestiche. Nel tempo, grazie al perfezionamento tecnologico e operativo, la fitodepurazione è stata usata sempre più anche nel trattamento di attività agroalimentari e zootecniche.

 

Tra le specie vegetali più frequentemente impiegate nelle tecniche di fitodepurazione troviamo: la Phragmites australis (Cav.) Trin. ex Steud., nota come cannuccia di palude e la Typha latifolia L. conosciuta con il nome di Tifa o Stiancia.

 

Queste e altre specie stanno trovando maggiori applicazioni anche nel settore agricolo, nella prospettiva di una sempre maggiore sostenibilità ambientale. In Piemonte, per esempio, la fitodepurazione è apprezzata da importanti aziende viticole. Ciò che la rende una così valida alleata è il rapporto tra bassi costi di manutenzione e ottima efficienza depurativa, considerando inoltre che si tratta di un rimedio naturale con un consumo energetico (quasi) nullo.

 

Per le aziende specializzate nella produzione di vino l’utilizzo della fitodepurazione è particolarmente interessante per il trattamento delle acque reflue.

A tal fine è importante acquisire i dati preliminari (analisi del refluo da depurare, quantità di uva/vino lavorata, ecc.) per dimensionare l’impianto sul periodo di massimo carico, di norma nel momento della vendemmia.

Uno schema di un impianto di fitodepurazione “tipo” è in genere costituito da:

– grigliatura per bloccare il più possibile la parte solida del refluo;

– vasca tricamerale per il trattamento primario di sedimentazione;

– vasca di fitodepurazione per il trattamento secondario: nelle realtà vinicole piemontesi è frequente la scelta tipologica “a flusso sommerso orizzontale”.

 

Un altro aspetto importante è rappresentato dalla possibilità di utilizzo del refluo depurato per gli usi consentiti, tra cui l’impiego irriguo, l’uso nei trattamenti fitoiatrici, il lavaggio di piazzali, ecc.

Infine, qualche numero relativo all’incidenza economica di un impianto di questo genere sul costo di produzione di una bottiglia di vino di qualità: tra i due e i quattro centesimi di euro.

 

Le prospettive della fitodepurazione per le realtà vinicole, non solo piemontesi, appaiono quindi indubbiamente promettenti.

Bio

Gianni Forte

62 anni, dottore agronomo, vive e lavora nelle Langhe, famose nel mondo per i paesaggi vitivinicoli, supportando le aziende agricole con tecniche innovative ecologiche per migliorare lo standard delle produzioni agricole.

 

Marco Devecchi
Professore associato del Dipartimento di Scienze agrarie, forestali e alimentari dell’Università di Torino. Docente di Parchi e giardini e di Piante per il progetto di paesaggio. Presidente dell’Accademia di Agricoltura di Torino.

Gianni Forte
Alba (CN)
gianniforte@libero.it

 

Marco Devecchi
Grugliasco
marco.devecchi@unito.it

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