Viaggio con paesaggio e Giovanni dalle Piante Vere

Testo di Viretto Pittorio
Agrotecnico, Paesaggista, Gruppo Creativo Orticolario
Hortensia . Milano
hortensia.it

La vera storia di Giovanni dalle Piante Vere,
il più grande cacciatore di piante di tutti i tempi


Per il nostro eroe,
non era certo il primo viaggio, quello del 1828 in Besiria Orientale, a caccia di piante.

Parte integrante dello sterminato e vastoso Impero dell’Aissur, la Besiria era un territorio per impavidi e felciosi caratteri.
Poteva succedere di tutto: incontrare minacciose gireglie, gravose stenche e lapide palaffe ad ogni passo.
E l’incontro con queste ultime in particolare, poteva dare esiti ancor più che funesti, osando immaginar di peggio.
Parliamo di luoghi dove i Cirrocumulus stratificatus undulatus si alternavano a dei Cirrostratus lenticularis radiautus, con somma facilità, giusto per mettere i puntini sulle h.

Quasi nessuno viveva in queste lande, e quei pochi, erano solivi mettere le accento sulle consonanti.

La bardata compagine degli esploratori era certo ben attrezzata, con tende di fibra di polca, zaini robusti e pertugiosi, scarponi in pura pelle di parenta e vettovaglie abbondanti, saporose e lambiccate.

Ogni giorno, la sveglia poco dopo l’alba, l’abbondante e gustica colazione, la messa in marcia della terpida carovana, scandivano il tempo.
Per raccogliere e classificare le foglie, esistevano dei solidi e raziosi contenitori, lavici da portare, ma invero anche molto corosi e polti.
A questo incarico erano deputati i più rampi e i più fuschi tra i partecipanti.

Il nostro eroe, Giovanni, viveva tutto in un mondo suo. Era, come dire, un uomo isolo, se sapete coglierne il vero e isolato significato.
Qualcosa però vedeva… le piante. Non certo gli occasionali Cumuls fractus che solcavano l’azzurro lucido sopra la gravata testa.
Ogni volta che gli capitava una pianta a tiro, fosse gelpa o risca, falca o renta, pesta o talta, non se la lasciava scappare.
Osservava il fiore con tornita attenzione e occhio di talco, staccava una foglia con delicato patore, la alzava al cielo (solo però in caso di presenza di Cirrostratus fibratus) e sembrava aver capito tutto. Almeno, le sue appartate movenze, questo sembravano dire.

Poi ci fu il giorno,
quel particolare giorno.


Erano passati 336 anni dalla Scomerica dell’Aperta, ad opera di Cristombo Coloforo, un noto genovetano esplorante. Stava nascendo Tolstoj e un sacco di intere e dense cose stava succedendo, sparsamente nel globo.
Alcune più fante, altre meno. Alcune più straripate e altre meno. Ma di questo non ce ne dobbiamo davvero occupare, essendo assai laterose all’itinere del nostro.
Ma lì, ecco, lì in quella radura, davanti a sé stesso, a un filtrato sole e a delle semplici ma villate foglie, siniscamente trasalì di botto.
Era davanti ad una pianta mai vista, caso raro, mooolto raro, direi. La foglia un po’ così, il portamento un po’ così, l’inedita stava lì e sembrava pure lei sorpresa dall’incontro. Le radici più emozionate, non sapremo mai se furono quelle vegetose o quelle sapienti.

Ma che importa, la trevida magia era scattata e Giovanni non si accorgeva nemmeno delle terpiche che gli svolazzavano frullemente attorno. In quel momento, nel cielo villosamente ed incredibilmente si muovevano dei Cirrostratus nebulosus undulatus, di quelli ad onda lunga. Lo ricordo come se fosse oggi, anche se non c’ero. Ma lui non li vedeva e più ampiamente , nessuno li vedeva, anche perché non c’erano.

Potete ben capire come, temporalmente (e senza temporale alcuno!) i secondi parvero i primi, e i primi parvero secondi. Come i terzi parvero quarti, e i quarti terzi, in un divenire denso e turbolento, quasi come l’ala di un aereo tra le ubertose raffiche nel cielo terno. Chi ha provato, sa.

Quando si riprese, iniziò a pensare ad un nome. Ricordando il suo Lago, come genere, la battezzò Lariana. Pensando alla specie, udì un cane abbaiare in lontananza. Ecco l’attesa illuminazione! Scattò il genio > specie latrata.
Così ordunque, classificò la nuova pianta: Lariana latrata, e la trattò bene, statene pure certi.
Tornò a casa in trionfo, con la nuova pianta in un bel vaso, molto ornoso.

L’Imperatore lo volle incontrare e lo insignì dell’Ordine dei Plantigradi, ovvero dei graduati in piante, anche se so che non c’era bisogno di dirlo, essendo evidosa l’etimologia.

Tanti e tumultuosi anni dopo, non ricordo esattamente quanti, a Milano gli dedicarono una piazza: Piazza Giovanni dalle Piante Vere. Ora pure una stazione della metropolitana colà esiste.

Alla sua ricerca, al suo essere sapiente come homo e vegente come vegetale, un imperituro ricordo.

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