Viaggio con paesaggio e i giardini post apocalittici

Testo di Eleonora Diana

Qualcuno di voi ama i film horror o/e i fantascientifici? Vi ricordate “Mad Max” o “28 giorni dopo”?
Se la risposta è affermativa, bene, andate avanti a leggere. In caso contrario, fermatevi, guardateli e poi continuate.

Molto probabilmente le nostre condizioni climatiche future assomiglieranno a quelle dei due film (prati all’inglese trasformati in steppe aride, campi coltivati diventati deserti polverosi, laghi ormai valli desolate di sabbia). In una situazione come quella, ognuno di noi cercherà di salvarsi, ma… cosa succederà ai nostri giardini? Sarà ancora possibile disegnarli, realizzarli, curarli e amarli?

Il riscaldamento globale, come già accennavamo (Natura Sensitiva e il 2050), apporterà modifiche sostanziali. Il vino sarà tossico, il basilico scomparirà e chi più ne ha più ne metta. Anche i nostri giardini saranno toccati dai cambiamenti… ma niente paura! La situazione sembra sarà salvata dalle nostre beniamine, le piante.
Le magiche capacità del regno vegetale non si limitano a strabilianti organi di senso in più rispetto ai nostri, come ci racconta la scienza, e nemmeno ai loro fantasiosi modi di rispondere ai cambiamenti del mondo circostante. Una delle più affascinanti capacità è la loro propensione a modificare l’atmosfera del pianeta in cui si trovano a vivere. É stata infatti una pianta a permetterci di uscire dall’acqua e iniziare a conquistare il terreno (e con esso le intelligenze di organismi più complessi).

Ma come ci salveranno la vita?


Studi più o meno recenti hanno iniziato a reimpostare i modelli riguardo al surriscaldamento globale tenendo conto della reattività vegetale alle modifiche del proprio habitat.
Non si discute, gli effetti negativi sulle piante ci sono e ci saranno: l’aumento dei livelli di CO2 e delle temperature, l’estinzione o la riduzione vertiginosa degli impollinatori, i periodi di maggiore siccità e di pioggia torrenziale con la graduale scomparsa delle famose mezze stagioni, la conseguente perdita dell’azoto e di altri importanti nutrienti dal terreno, causati dalla torrenzialità delle piogge, non saranno sicuramente una ventata d’aria fresca per le nostre piante. Moltissime specie saranno portate all’estinzione. In parte, in realtà, già molte specie si sono estinte e stanno scomparendo. Il ritmo di estinzione è 100 volte più veloce del normale. Ci stiamo avvicinando, scientificamente parlando, alla sesta estinzione di massa.
Noi, eterni ottimisti, ed evidentemente non solo noi, siamo convinti che le piante ci verranno in aiuto.

Uno studio della Nasa (2011), precisamente di Lahouari Bounoua del Goddard Space Flight Center a Greenbelt, ha incorporato nei propri risultati un fenomeno molto importante, per rendere sempre più preciso il modello di descrizione di cosa ci accadrà. Nei suoi modelli ha preso in considerazione la cosiddetta “sottoregolazione”: la reazione cellulare che permette alla pianta di diventare maggiormente efficiente nell’utilizzo delle proprie risorse idriche e nutrienti conseguentemente a uno stress, nel nostro caso l’innalzamento eccessivo dell’anidride carbonica. Questo porterebbe a un incremento della crescita del fogliame che a sua volta provocherebbe maggiore evapotraspirazione, ovvero una sorta di “sudata” della pianta che rinfresca l’aria circostante (in estate un albero evapotraspira circa 11 litri!).
Rispetto a un modello che non incorpora la “sottoregolazione” il modello di Lahouari Bounoua misura un raffreddamento di 0,6°.
Questo significa che stabilizzato l’aumento di CO2, le piante impareranno a gestire efficientemente le risorse per riuscire ad arrivare ad abbassare nuovamente i livelli di CO2 e di calore nell’aria.

Facciamo più giardini. Ci salveranno la vita!


Ma come faremo se ci sarà meno acqua? Beh, su questo punto ci affidiamo in parte alla Royal Horticultural Society che ci propone una guida pratica e molto utile su che cosa potremo piantare su terreni che cambiano (è importante specificare che la guida si basa su un cambio di temperatura che non corrisponderà esattamente a quello italiano).
www.rhs.org.uk

A parte le giuste reazioni da situazioni post apocalittiche (conservare l’acqua piovana, scegliere piante amiche degli impollinatori, autoctone e non), sarebbe importante implementare tecnologicamente il proprio giardino: timer per luce e irrigatori per non sprecare energia, non usare strumenti a benzina o a base di petrolio, usare tecnologia verde come quella solare, installare dove possibile tetti verdi e muri vegetali che, oltre ad essere esteticamente belli, rinfrescano l’aria e isolano d’inverno, prepare compost con i resti della cucina e infine ridurre al minimo l’impatto ambientale attraverso un etica del riciclo dei materiali. Sarebbe importante piantare alberi alti che proteggano dal vento, non tagliare il prato per trasformarlo in bordatura per le aiuole, inserire un bel giardino acquatico che aiuti ad assorbire le forti piogge.
Inoltre, con l’aumento della temperatura e di periodi di siccità, sarebbe importante iniziare a pensare di coltivare anche piante che sopravvivano a periodi di estremo calore.

In ogni caso, potremmo iniziare ad applicare una delicatezza verso il mondo che ci circonda: smettere di desertificare tutto quello che c’è di bello intorno a noi.

La domanda sorge spontanea: saremo vittime dell’estinzione che abbiamo provocato?


Non vogliamo dire che non saremo in grado di sopravvivere alla perdita di molte, molte specie, perché abbiamo già provato che in realtà possiamo. Siamo davvero flessibili. Ma allo stesso tempo pensiamo che non sia il caso di scoprirlo davvero. Sono due le questioni tremendamente serie. La prima: possiamo continuare a gestire il pianeta in questo modo solo perché siamo già sopravvissuti alla perdita di un certo numero di specie? O a un certo punto finiremo per mettere a repentaglio il sistema stesso che ci permette di vivere qui?
La seconda: anche se riusciremo a sopravvivere, vogliamo davvero vivere in un mondo simile? È questo il pianeta Terra su cui ci immaginiamo le generazioni future di esseri umani?

Noi vorremmo comprare un biglietto per un nuovo pianeta, ma non di sola andata!
Vi terremo aggiornati!

Fonti:
gaetaniumberto.wordpress.com
nationalgeographic.it
blogs.ei.columbia.edu
www.rhs.org.uk
repubblica.it
lastampa.it

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